Bologna: esplorato un nuovo tratto del cunicolo della Fontana del Nettuno

Carta del centro di Bologna riportante la rete di cunicoli del sistema acquedottistico antico della città e alcune foto delle principali opere idrauliche.

 

Dopo un lavoro durato diversi mesi, teso ad ottenere tutte le autorizzazioni e i permessi necessari per accedere al sottosuolo cittadino, sabato 18 luglio è scattata finalmente l’operazione: scoperchiati alcuni tombini identificati come “fognatura” posti lungo l’asse della via D’Azeglio il GSB-USB ha provveduto ad esplorare, rilevare e documentare un ulteriore lungo tratto dell’antico cunicolo della Fontana del Nettuno.

Un breve sunto storico

I tentativi eseguiti nel Medioevo e in età rinascimentale per dotare il centro di Bologna di buona acqua potabile come salubre alternativa al prelievo dai numerosi pozzi disseminati nei caseggiati della città sono stati molteplici.

Risulta dalle cronache che nel 1393 il Comune face aprire l’Acquedotto maestro, ossia l’antico acquedotto romano, che si aggirava sotto i colli arrivando in prossimità della città. L’intenzione era certamente quella di usufruire dell’acqua drenata da questo cunicolo nel suo percorso sotterraneo (un quantitativo in realtà modesto) e di innestarvi quella captata dalla Fonte Remonda, assai più copiosa, scaturente nel colle di San Michele in Bosco, l’antico monastero oggi sede dell’Istituto Ortopedico Rizzoli.

Altri lavori sono documentati nel 1433: il recapito delle acque è una prima fontana collocata nei pressi dell’Ospedale della Morte, corrispondente all’area dell’attuale Museo Civico Archeologico, ossia sul lato orientale di Piazza Maggiore.

Nel 1473 viene costruita un’altra fontana, in sostituzione della precedente, collocata stavolta nei pressi del Palazzo del Podestà, nell’angolo opposto della piazza, all’incirca dove oggi si erge quella del Nettuno. Questa fontana ebbe però vita breve: venne demolita nel 1483 e i marmi di cui era composta furono donati all’erigenda Basilica di S. Petronio.

Nel 1492 Giovanni II Bentivoglio, signore di Bologna, si appropria quindi dell’acqua della Remonda e la fa giungere, attraverso un lungo condotto sotterraneo, fino al suo sontuoso palazzo, in strada San Donato.

Un aspetto del cunicolo del Nettuno, con le vecchie lastre di arenaria a chiusura dei punti di accesso, sotto via D’Azeglio.

Nel 1506 Giulio II conquista Bologna, annettendola allo Stato della Chiesa. L’anno successivo, di fronte ai tentativi bentivoleschi di reimpossessarsi della città, il legato pontificio e le famiglie avversarie dei Bentivoglio manovrarono l’ira popolare indirizzandola alla distruzione e al saccheggio del loro grande palazzo in strada San Donato, fatto che lascia ancora un segno nella toponomastica attuale, nei Giardini del Guasto, l’area su cui sorge il Teatro Comunale. Dopo questo episodio dovranno passare diversi anni perché venga ripristinato il funzionamento idrico verso la città.

Sarà solo nel 1520 che il vicelegato pontificio promuoverà il restauro dei condotti e della Fonte Remonda, realizzando pertanto per la terza volta una fontana nel centro di Bologna.

La sistemazione definitiva dell’intero sistema idraulico si data però al 1563, quando Pio IV affida tale compito all’architetto Tommaso Laureti. Questi procede alla risistemazione della Remonda, apre un ulteriore tratto del cunicolo romano e realizza una nuova grande opera di captazione sotterranea, la Conserva di Valverde (nota popolarmente come Bagni di Mario), situata nel colle immediatamente a ovest di S. Michele in Bosco.

Le acque raccolte da Valverde scendono attraverso un pozzo romano nel sottostante antico acquedotto. Seguono quindi il tracciato del cunicolo romano nel suo dirigersi verso la città, finché nei pressi della Chiesa dell’Annunziata una cisterna (denominata il Vascello comune delle acque) le raccoglie assieme a quelle provenienti dalla Remonda. Da qui sono immesse all’interno di una tubazione (originariamente in orcioli di terracotta) che, alloggiata sopra un muretto, arriva attraverso un cunicolo lungo oltre 1 km sotto la Fontana del Nettuno, realizzata proprio in quegli anni come mostra monumentale, carica di significati fortemente simbolici.

Il viaggio delle acque non finiva però lì: quelle di sopravanzo erano inviate all’interno del Palazzo Comunale, sede del legato pontificio. Sul lato nord del palazzo, affacciato alla via Ugo Bassi, è infatti presente un’altra grande fontana, detta la Fontana Vecchia: da qui gli acquaioli potevano prelevare l’acqua per rivenderla nel resto della città, mentre ciò che avanzava era utilizzato per i giardini interni al Palazzo e per la guarnigione dei cavalleggeri papali.

La struttura acquedottistica così delineata rimarrà sostanzialmente tale per oltre tre secoli, con ovvi interventi manutentivi e migliorativi.

Con la completa riattivazione dell’acquedotto romano, avvenuta nel 1881, le opere idrauliche tardomedievali e rinascimentali verranno escluse dal rinnovato sistema idrico e subiranno un progressivo abbandono.

Un’altra inquadratura del cunicolo, visto verso monte. Sulla destra si erge il muretto dove era alloggiato il tubo conducente le acque alla Fontana del Nettuno.

Le ricerche attuali

È in questo quadro che si attua il nostro tentativo di indagare nuovamente queste opere, al fine di riacquisire una loro compiuta conoscenza e chiarire – per quanto possibile – i punti che rimangono ancora oscuri, particolarmente per ciò che attiene il succedersi delle fasi costruttive che, come si è visto, sono state spesso discontinue nel tempo e non sempre univoche.

Il lavoro svolto fra il 2004 e il 2010 sull’acquedotto romano di Bologna aveva fornito l’occasione di stendere nuovi rilievi della Fonte Remonda e di Valverde (quelli più “recenti” risalivano alla fine del Seicento – inizi del Settecento!). Avevamo inoltre affrontato per la prima volta i cunicoli che afferiscono alla cisterna dell’Annunziata (declassati a sistema fognario), nonché il tratto terminale di quello che giunge sotto al Nettuno.

Entrati dai locali di Sala Borsa, nel Palazzo Comunale, e arrivati alla base della Fontana, si possono percorrere verso monte circa 260 m di cunicolo sotto il tratto pedonale di Via D’Azeglio, fino a superare di poco la Piazza dei Celestini, dove un muro di tamponamento sbarra il cammino: qui si era arrestata la nostra esplorazione di quegli anni.

Il tentativo di procedere dalla cisterna dell’Annunziata verso valle non aveva sortito migliori risultati: il cunicolo che le vecchie mappe indicavano in uscita dall’angolo nord-est è stato infatti murato, con ogni probabilità durante la sistemazione a fognatura.

Restava pertanto insoluto il quesito sull’effettiva persistenza e sulle eventuali condizioni del tratto di cunicolo intermedio fra quei due estremi.

Eccoci pertanto giunti a questo caldo mattino di metà luglio, quando una dozzina di speleologi si è presentata di buon ora in pieno centro città, con in mano tutti i permessi giusti per sollevare i tombini che in precedenza erano stati individuati come potenziali accessi al cunicolo. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto (erano effettivamente afferenti alla rete fognaria), finalmente si scoperchia quello giusto (all’incrocio con via Farini) e si può procedere all’agognata esplorazione.

Nonostante le condizioni ambientali non fossero delle migliori, a causa del caldo e dell’umidità elevata, è stato possibile percorrere verso monte altri 400 m, giungendo all’incirca all’altezza di via Solferino.

Qui un ulteriore muro di tamponamento rappresenta per ora il limite su cui ci siamo arrestati, lasciando così incognito un tratto di circa 360 m, che consentirebbe di connettersi con la già citata cisterna dell’Annunziata.

Il collegamento con lo spezzone più a valle del cunicolo (quello terminante sotto la Fontana) è stato invece compiuto percorrendo un breve tratto fognario di quasi 50 m, bypassando in tal modo i tamponamenti che avevano bloccato la precedente esplorazione. In questa sezione, infatti, la rete fognaria, risalente a fine Ottocento, è stata impostata sullo stesso asse del cunicolo cinquecentesco, ma ad una quota inferiore, ed è quindi raggiungibile scendendo alcuni dei pozzi che insistono sullo stesso tracciato.

Inutile dire come tutta l’operazione abbia destato l’interesse dei numerosi passanti e turisti, particolarmente di quelli che – all’improvviso – si sono visti aprire ai piedi del Nettuno un tombino, da cui sono prontamente sbucati fuori alcuni speleologi. È stata ovviamente anche l’occasione per spiegare, ai tanti che si fermavano incuriositi a porre domande, il significato di questa nostra attività, nonché raccontare la storia delle acque cittadine e i suoi variegati percorsi sotterranei.

Il prossimo appuntamento, per continuare le ricerche, è già programmato per il 6 settembre.

Copyright ©Danilo Demaria

 

 

 

 

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